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Maresca: “I criminali pericolosi vanno curati in carcere, fondamentale evitare nuovi casi Zagaria”

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Il sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia Catello Maresca ha espresso il proprio pensiero sulla situazione coronavirus all’interno dei penitenziari italiani sulle pagine di Juorno: “Con la seconda ondata di Covid sono iniziate le proteste dei detenuti e dei familiari, con l’obiettivo di assistere i detenuti con delle patologie nelle carceri, evitando il rischio che possano essere rimandati a casa come avvenuto nella prima ondata. L’esperienza è importante per non ripetere gli stessi errori commessi; nonostante tutte le precauzioni del caso mi preoccupano due aspetti: la prima è legata al nuovo “indultino”, riproduzione di quanto previsto a marzo dell’art 123 del decreto cura Italia. Con una modifica viene previsto il divieto di scioglimento del cumulo delle pene per i reati di mafia e terrorismo. Con il precedente art. 123 sono usciti dal carcere personaggi come Antonio Noviello, membro del clan dei Casalesi, condannato a 16 anni per vari reati. L’indultino di marzo prevedeva la scarcerazione anticipata in caso di Covid di queste persone, anche se dovevano finire di scontare una pena inferiore ai 18 mesi per reati comuni. Con queste nuove norme ciò non sarà possibile, ma ci sarà un’eccezione, ovvero se i reati sono connessi. E qui entra in campo la seconda preoccupazione: ci si preoccupa della gestione dei detenuti in periodo di pandemia, ma non si configurano ipotesi qualora il detenuto abbia altre patologie vista la situazione di assoluta emergenza del sistema sanitario nazionale. Ho il dubbio che sia una scelta rischiosa lasciare alle ASL la delega ed eventuali corsie preferenziali per detenuti pericolosi. Il caso emblematico è quello di Pasquale Zagaria. Il mio auspicio è che non si ripetano più queste situazioni e mi auguro che ci siano risposte concrete da parte degli organi competenti. Il modo attuale di affrontare questa emergenza è sbagliato; i mafiosi vanno curati, ma esclusivamente all’interno degli istituti penitenziari”.

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