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Pordenone: vendeva opere “a nero” ma dichiarava reddito minimo

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E’ sotto inchiesta un noto esperto d’arte locale per un’evasione fiscale di quasi due milioni di euro e per condotte anti-riciclaggio. Si tratterebbe di una vendita “a nero” di opere d’arte in Italia e all’estero, ed è stato disposto dal Gip del Tribunale un sequestro preventivo per un milione di euro.

L’ indagato palesava elevate disponibilità patrimoniali e un alto tenore di vita essendo, tra l’altro, proprietario di immobili nelle province di Pordenone e Udine e nella città di Venezia. Il professionista, per evitare di lasciare traccia delle transazioni commerciali nei rapporti bancari, proponeva diversi metodi di pagamento ai propri clienti: dai “classici” contanti al rilascio di assegni “in bianco” che poi lui stesso utilizzava per effettuare acquisti privati mediante l’indicazione del beneficiario di turno, o, ancora, a bonifici disposti su conti privati “extra-aziendali”, solitamente intestati a propri dipendenti e parenti compiacenti, i quali provvedevano a “monetizzare” l’importo bonificato e a versarlo al titolare.

In diverse occasioni, inoltre, sempre per “schermare” le vendite di opere d’arte non fatturate, l’uomo ha utilizzato una società di diritto estero con sede a New York, a lui stesso riconducibile tramite un’intestazione fiduciaria, facendo figurare, presso l’Amministrazione doganale, la conduzione di “temporanee esportazioni” di pezzi da esposizione (modalità sovente utilizzata dai musei per l’allestimento di specifiche mostre all’estero) a cui, tuttavia, non seguivano le obbligatorie “re-importazioni” nel territorio nazionale.

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