ESCLUSIVA – Anna Vera Viva presenta ‘Questioni di Sangue’ tra i racconti di Napoli, l’animo umano e tanti progetti futuri

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Gli scrittori mi hanno salvato la vita, anche se si sono sparati in bocca, si sono impiccati, sono stati in manicomio, dormivano in una roulotte o da bambini avevano paura di svegliarsi trasformati in scarafaggi“. Parte da questa citazione la storia della bravissima scrittrice Anna Vera Viva che in esclusiva ci ha parlato di sè e del suo lavoro ‘Questioni di Sangue’. L’ambientazione ripercorre Napoli in ogni sua sfaccettatura, guidando sapientemente il lettore in uno dei rioni più affascinanti del paese. Un viaggio non solo in una delle città più belle del Mondo ma al contempo anche nell’animo umano e in tutte le sue profonde contraddizioni. E’ proprio la scrittrice che si racconta in esclusiva sulle nostre pagine, non solo analizzando con noi il suo bellissimo romanzo ma svelandoci anche i progetti futuri, l’importanza della lettura e lasciando un importante messaggio per i giovani.

Salentina d’origine e legata indissolubilmente a Napoli: come nasce la sua passione per la scrittura e quali sono stati i suoi modelli di riferimento?

La passione per la scrittura è nata a qualche anno da quella che è stata la mia prima e precocissima passione: quella per la lettura. Passione che non si è mai affievolita e che tuttora mi accompagna. Modelli letterari, invece, non credo di averne. Proprio perché ho letto tanto, sono innumerevoli le voci che mi sono rimaste dentro. È vero, però, che prediligo la scrittura esatta e poco prolissa. Quella dove, con pochissime e misurate parole, si riescono ad esprimere e a rendere comprensibili anche i concetti più complessi. Molti, invece, sono i modelli di vita che ho cercato di emulare. Soprattutto di quelle scrittrici che, a dispetto delle circostanze e dei tempi, sono riuscite attraverso i propri romanzi ad analizzare il mondo che le circondava e a gridare la propria verità.

Ha scelto il Rione Sanità e Napoli come sfondo per i suoi lavori, raccontandoli in maniera profonda in tutti i personaggi ricorrenti nelle sue storie. Come si intrecciano nel mondo da Lei scelto?

I miei personaggi s’intrecciano in modo talmente naturale con l’ambiente che li circonda, che paiono esserci sempre stati. Questo avviene perché la loro passionalità, il loro essere così sanguigni, li rende indistinguibili dal territorio che ho scelto. Quando si dice che Napoli è un teatro a cielo aperto si esprime quello che è lo spirito più profondo di questa nostra città. L’esibizione dei sentimenti. Nonostante io sia convinta che i moti dell’animo umano siano simili ovunque, diverso è, invece, il loro manifestarli. E, i napoletani sono così: hanno bisogno di condivisione. Dunque, le loro vicende, passioni e sentimenti sono resi sempre collettivi.

In Questioni di Sangue ricorre una profonda metafora tra bene e male, analizzando l’animo umano in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni, proprio come la città di Napoli. Quali sono le somiglianze e quali le differenze?

L’analisi dell’animo umano è alla base di tutti i miei scritti e osservare i personaggi mentre si muovono nella trama mi da questa possibilità. Ora, le contraddizioni sono alla base della nostra condizione di uomini e, come dicevo prima, non appartengono solo a noi napoletani, ma sono universali. Come pure non è facile, nelle nostre storie, trovare una vera linea di demarcazione che separi il bene dal male. Perché, allo stesso modo, le persone non sono mai totalmente buone o totalmente cattive. Siamo un miscuglio di tutto di tutto questo ed è quello che rende così affascinante il nostro essere uomini.

In questi anni segnati dalla pandemia covid c’è stato un grande ritorno alla lettura, non solo fonte di approfondimento e cultura ma anche di svago e stimolo alla riflessione. Cosa può dire, in particolar modo ai più giovani, per avvicinarli ancor di più a questo splendido universo dei libri?

Credo che non ci siano parole migliori, che quelle usate da Umberto Eco in una sua famosissima considerazione: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.

Un suo consiglio ad un aspirante scrittore.

Leggere, leggere, leggere. Credo che sia imprescindibile alla formazione di chiunque voglia scrivere. E poi viaggiare, essere curiosi di tutto. Confrontarsi continuamente con altri mondi e altri modi. Di pensare, di amare, di vivere. Cercare più che si può di abbattere le barriere mentali che non rendono il nostro pensiero libero, autonomo e indipendente. Costruirsi, dunque, una voce. La propria voce. Che sia unica, inimitabile.

Quali sono i suoi progetti futuri, c’è qualcosa già in cantiere?

In cantiere c’è il romanzo che uscirà in primavera e che, pur avendo come cornice la Napoli contemporanea e la Sanità, proietterà a tratti Padre Raffaele in un’altra epoca e lo costringerà a immergersi in un passato pieno di segreti.

A.B.
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