Roma, Fosse Ardeatine: il ricordo a 79 anni dal massacro

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Si è svolta questa mattina, presso il Mausoleo delle Fosse Ardeatine a Roma e alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cerimonia di commemorazione delle 335 vittime assassinate dalla furia nazista, nel giorno in cui cade il 79esimo anniversario dall’eccidio. Dal 10 settembre 1943, Roma era sotto l’occupazione nazi-fascista, gli alleati erano ancora lontani, la resistenza era nelle mani della popolazione e dei vari gruppi che rispondevano alle direttive del Comitato di Liberazione Nazionale, che pianificarono ed attuarono numerosi attentati, come quello di Via Rasella. In via Rasella, i Gruppi di Azione Patriottica (Gap), fecero esplodere un carretto con 18 kg di tritolo al passaggio del reggimento Bozen, uccidendo 33 soldati tedeschi. La notizia circola velocemente, al comando tedesco calibrano presto la bilancia della vendetta: la vita di 10 italiani per ogni tedesco morto.

È in questo contesto che si intrecciano le storie delle vittime delle Fosse Ardeatine. Oltre agli italiani ebrei e gli oppositori politici, le vittime sono di varia estrazione sociale: contadini, avvocati, falegnami, poliziotti, soldati… Alcuni sono patrioti e vogliono cacciare tedeschi e fascisti dalla Città, altri invece sono rastrellati a caso per la città ma nessuno è responsabile dell’attentato. Nella lista dei condannati a morte, che il comandante Kappler è ansioso di avere, figurano anche il Tenente ausiliario Maurizio Giglio e il Vice Brigadiere Pietro Ermelindo Lungaro, entrambi appartenenti al Corpo degli agenti di pubblica sicurezza. Lungaro, nella Roma occupata, sfruttando il suo ruolo di poliziotto si muoveva agevolmente e si guadagnava la fiducia delle formazioni antifasciste, alle quali procurava armi. Venne arrestato dopo la delazione di un infiltrato e rinchiuso nelle celle di via Tasso, dove fu torturato, senza mai rivelare i nomi e i nascondigli degli insorti.

Giglio, dopo i bombardamenti dell’estate ‘43, soccorse donne, anziani ed inermi, partecipando alla battaglia di Porta San Paolo e mettendosi a disposizione degli americani con il nome in codice ”Cervo”. Anche lui vittima di un delatore, venne catturato e torturato per giorni dalla Banda Koch, senza mai rivelare i dettagli della rete a cui era appartenente, salvando così la vita anche al futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini. Alle 15.30 di venerdì 24 marzo 1944, l’eccidio ha inizio nelle cave abbandonate su via Ardeatina. Una volta terminata la strage, i genieri tedeschi minano gli ingressi e li fanno esplodere per sigillare ogni entrata.

Alle celebrazioni odierne era presente anche il capo della Polizia Lamberto Giannini che ha deposto due cuscini di fiori sulle tombe di Maurizio Giglio e Pietro Lungaro. Pietro Ermelindo Lungaro riposa nel sacello numero 39 ed è stato insignito della Medaglia d’argento al valor militare, Maurizio Giglio, a cui è stata conferita la medaglia d’oro al valore militare, nel 150° sacello.

Serena Felici – Nota Stampa Polizia di Stato