L’EDITORIALE di ANTONIO ARRICALE – Secondo la Corte dei conti il presidente Vincenzo De Luca dovrà restituire alla Regione Campania 609 mila euro a causa delle smart card prodotte durante il Covid. Il suo passaporto vaccinale, infatti, secondo i magistrati contabili, è stato un inutile duplicato del green pass nazionale.
La sentenza della Corte dei conti, ovviamente, per molti rappresenta la “prova provata” della cattiva amministrazione dello Sceriffo, che – lo ricorderete – all’epoca, piuttosto che pistole fumanti amava brandire, almeno verbalmente, il lanciafiamme. Una gestione, la sua – dicono con ancor più forza oggi – da sempre contraddistinta da grandi sprechi e nessun risultato raggiunto: dai trasporti, alla sanità, alle politiche di sviluppo. Sprechi di risorse che, anche recentemente, tra sagre e feste parrocchiali, sono venuti peraltro alla ribalta proprio alla vigilia della legge di stabilità approvata, oggi, dal Consiglio regionale.
La condanna della Corte dei conti, che comunque – come ha già preannunciato – sarà impugnata da De Luca, non è – come si potrebbe ritenere – la classica tegola caduta in testa al presidente della Regione Campania, bensì è un vero e proprio macigno che ostruisce il suo cammino, finora a passo spedito, verso il terzo mandato.
La sentenza pone, infatti, De Luca davanti ad un bivio: o sborsa subito la non trascurabile somma di oltre 600 mila euro; oppure verrà a trovarsi, a causa del contenzioso che si ritrova proprio con la Regione (e che potrebbe anche protrarsi nel tempo) nella scomoda condizione di essere incandidabile, ancor prima di ineleggibile.
E non è tutto. La nuova situazione determinata dalla sentenza della Corte dei conti potrebbe indurre il governo – vale a dire, a parti invertite, l’opposizione di De Luca – a soprassedere con il ricorso contro la legge della Regione Campania che ha aperto le porte al terzo mandato. Ipotesi, peraltro, accarezzata da non pochi nel centro destra, dal momento che la candidatura dello Sceriffo dividerebbe il fronte dello schieramento di centro sinistra – stante il rifiuto del Pd di appoggiare il presidente uscente – e renderebbe, perciò, più facile l’elezione del candidato del centro destra. Il quale, ormai – per come si sono messe le cose – quasi certamente sarà il ministro Matteo Piantedosi, in quota Lega.
E qui l’ennesimo colpo di scena. L’ipotesi di non impugnare la legge elettorale della Campania non dispiace, in particolare, al leghista Luca Zaia per il quale, l’interpretazione, per così dire, del “lodo De Luca” (non si possono fare più di due mandati soltanto dal momento che si recepisce la norma nazionale) gli consentirebbe di candidarsi non per la terza volta, ma addirittura per la quarta in Veneto. Come la mettiamo, dunque?
Una cosa è certa: grande è la confusione sotto il cielo.
In foto da sinistra: Luca Zaia, Vincenzo De Luca, Matteo Piantedosi