LUSCIANO – LA STORIA DI ANTONIO ARRICALE – Troppo clamore, troppi riflettori accesi. Basta, siete degli incapaci: tutti a casa. E così, alla fine, è stato.
Pensavamo di aver avuto un ruolo determinante nell’azzeramento dell’amministrazione del comune di Lusciano, isola solo apparentemente felice, dell’Agro aversano: terreno di coltura della più spietata camorra degli ultimi trent’anni. Ma così non è. A scapito della forte autostima che ci eravamo costruiti addosso, smascherando pressoché giornalmente speculazione edilizia selvaggia, procedure amministrative al limite della legalità, colpi di testa e arroganza dei politici di turno.
Nossignori, niente di tutto questo. Sordi alle nostre prediche, noncuranti delle nostre inchieste, appena infastiditi dai nostri scritti, gli ex amministratori comunali di Lusciano sarebbero rimasti – alcuni anche inconsapevolmente, va detto – incollati alla loro poltrona non soltanto fino al 2028, anno di scadenza regolare del mandato, ma anche oltre. E, invece, no: all’ordine arrivato dall’alto – ovviamente, non si sa bene da chi – hanno dovuto chinare il capo e obbedire e addirittura favorire – direttamente o indirettamente, poco importa – le dimissioni e lo scioglimento del Consiglio comunale. Perché una cosa è certa – tra i nove consiglieri firmatari che, la scorsa sera, passate le 22,00, hanno costretto il notaio De Nicola di Santa Maria Capua Vetere a tornare, in fretta e furia da Casal di Principe, dove si era recato per la redazione di un atto abbastanza complesso, per raccogliere, invece, la volontà di autoscioglimento del Civico consesso – ci sono tutte persone perbene. Magari potremmo dire: ingenue, inconsapevoli, teste di legno, comunque persone perbene, fino a prova contraria.
Ora, sia detto a caratteri cubitali: se le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, figuriamoci sui parenti e affini. Il tutto per dire che, quello che stiamo raccontando è semplicemente la fotografia – quanto più esatta possibile – di un dato oggettivo, che prende spunto dagli interessi mossi dalla cassa economica unica delle quattro parrocchie camorriste (Sandokan, Bidognetti, Zagaria e Iovine) che hanno ingerenza sul territorio comunale di Lusciano. A partire, evidentemente, dagli interessi nell’edilizia e nel cemento, da sempre terreno privilegiato dei clan per il riciclaggio del denaro sporco.
Dunque, la fotografia parentale o di affinità che emerge – ripetiamo: absit iniuria verbis – tra gli ex amministratori del Comune di Lusciano e personaggi di spicco dei clan camorristici della zona, è questa.

Maria Consiglia Conte, vice sindaco e assessore ai Lavori pubblici uscente: è nipote diretta, per parte di madre, di Giuseppe e Lorenzo Ventre, entrambi in carcere, figure di riferimento di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e Mezzanotte.
L’ex consigliere Francesco Palmiero è imparentato con Giuseppe Cristofaro detto Peppinuccio e, dunque, con i due i figli, Pasquale detto Tichet, e Giovanni, detto Capocchione, della stessa parrocchia di Bidognetti.

L’ingegnere Luciano Petrillo, zio di Francesco Palmiero e sponsor dell’architetto Nicola Costanzo, capo dell’Ufficio tecnico comunale, è il tecnico di fiducia di molte aziende costruttrici che operano sul territorio comunale e, alcune delle quali – secondo gli inquirenti – sono riconducibili sempre agli interessi di Cicciotto ‘e Mezzanotte.
Inutile aggiungere, poi, che altre aziende – sempre secondo fonti di polizia – sarebbero invece vicine o sponsorizzate dal vecchio sindaco Nicola Esposito, la cui amministrazione approvò – tra mille capriole – l’assai discusso Piano urbanistico comunale (Puc).

Seguendo, ancora, la chiave di lettura delle nostre fonti riservate, tra gli attuali ex consiglieri, tra chi divenuti assessori, ed ex assessori ridiventati a loro volta ex – parliamo non necessariamente di quelli dell’amministrazione ultima – troviamo molti nomi di quelli che, ai tempi dell’approvazione del Puc, il piano urbanistico comunale, utilizzavano le porte scorrevoli sono quasi tutti quelli che hanno firmato la sfiducia. E, cioè, ogni qualvolta erano in discussione e approvazione particolari particelle catastali, votavano e si astenevano o uscivano dall’aula. In questo caso, altri interessi occulti al di fuori dei clan, risalgono anche a rapporti con Giacomo D’Aniello, detto Mimì o Mister, a sua volta riconducibile alla fazione di Francesco Schiavone.
In definitiva, è tra gli epigoni del clan che ancora incidono, direttamente o indirettamente, sulla vita comunitaria di Lusciano, che sarebbe stato premuto il pulsante del disco verde per sciogliere il Consiglio comunale, allo scopo – si è detto – di distrarre o, comunque, allentare l’attenzione delle forze di polizia e degli inquirenti dai fatti e misfatti dell’amministrazione comunale: mega speculazione edilizia, appalti, rifiuti, licenze edilizie false, sanamenti di terreni per attività commerciali, terreni del PEEP trasformati, varianti.
Infine, ma non ultimo, desta non pochi interrogativi il fatto che tutti i tecnici di Lusciano, per acquisti di terreno, abbattimenti e ricostruzioni di manufatti, abbiano una sola impresa come referente finale per l’acquisto. Un interrogativo su tutti: chi fino adesso ha coperto e continua a coprire tutto questo?
In foto da sinistra in alto: Francesco Bidognetti, Francesco Schiavone Sandokan, Michele Zagaria, Antonio Iovine, Luciano Petrillo, Maria Consiglia Conte, Francesco Palmiero e Nicola Esposito.
Nell’articolo, dall’alto: i fratelli Giuseppe e Lorenzo Ventre, Giuseppe Cristofaro, Pasquale Cristofaro e Giacomo D’Aniello.