ROMA – di Antonio Arricale – Delle Infiltrazioni camorristiche al Comune di Caserta lo sapevano perfino in Banca d’Italia, a Roma, e prima ancora che lo accertasse la Commissione d’accesso.
Tra le pareti ovattate di Palazzo Koch sapevano, infatti, del rischio di una gestione amministrativa del capoluogo di Terra di Lavoro condizionata da logiche esterne. E lo sapevano sulla scorta di dati oggettivi: i dati del bilancio comunale. Numeri freddi, eppure illuminanti, che a differenza degli uomini e, soprattutto, dei politici non mentono mai. Occorre, però, puntualizzare.
Della situazione di Caserta e di molti altri Comuni italiani, localizzati soprattutto a Sud – Sicilia, Calabria e Campania, in particolare, ma non si salvano Lazio e Lombardia – lo sapevano soprattutto gli esperti dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF). Vale a dire: l’intelligence operativa interna a Bankitalia con funzioni di antiriciclaggio, cui è demandato appunto il compito di rilevare operazioni sospette. O, quanto meno, lo avevano “predetto”.

Il Comune di Caserta, infatti, rientrava nel campione statistico dei 6.771 enti locali analizzati da uno specifico algoritmo dell’Uif, basato su un sistema di machine learning, volto a individuare le tracce di possibili rischi di condizionamento della spesa pubblica da parte di soggetti esterni. Nel caso specifico, clan camorristici. L’algoritmo – i cui risultati sono riportati in uno studio (“The risk of mafia infiltration in Italian municipalities: Statistical and machine learnig evidence from financial information”) dei dipendenti della struttura, Stefano Iezzi e Claudio Pauselli, di cui pubblichiamo l’immagine di copertina e alcuni dati in questa pagina – si basa, giusto per notare, sull’intelligenza artificiale (AI) e si è rivelato particolarmente affidabile.
La pulce nell’orecchio ci è stata messa da un articolo pubblicato, qualche settimana fa, sul Sole24Ore, dal collega Ivan Cimmarusti. Nel quale, appunto, si spiega la relazione diretta esistente tra possibili condizionamenti malavitosi nella gestione della spesa comunale per i servizi erogati con l’incremento di aliquote, multe e tariffe. Servizi la cui qualità, peraltro – ma questo lo diciamo noi, oltre che essere sotto gli occhi di tutti – diventa inversamente proporzionale al costo, aggiungendo, per così dire, al danno la beffa.

“Nei Comuni a rischio mafia – scrive Cimmarusti – il fisco si inceppa. Imu, tassa rifiuti (tari), entrate totali: la raccolta crolla”. E la conferma viene, appunto, dallo studio di Bankitalia: dove c’è criminalità organizzata, le casse comunali si svuotano, ricordano gli autori dello studio. E parlano di un indicatore predittivo “compreso fra 0 e 1 per ciascuno dei 6.771 Comuni analizzati nel periodo che va dal 2016 al 2021, che può essere interpretato come una misura della probabilità che il Comune sia infiltrato”. Compresa, dunque, la Città di Caserta.
Il Comune – è arcinoto, ormai – è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, proprio in questi giorni, dal Presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell’Interno. E, soprattutto, sulla scorta della relazione della Commissione d’accesso la quale – tra le carte del periodo amministrativo rivoltato come un calzino, periodo in cui è ricompreso anche quello analizzato dall’algoritmo – avrebbe trovato (il condizionale è d’obbligo, dal momento che il sindaco uscente ha preannunciato ricorso al Tar del Lazio) riscontro degli elementi “concreti, univoci e rilevanti” richiesti dalla legge in materia di scioglimento. Ma torniamo all’indicatore predittivo dell’UIF e, soprattutto, allo studio di Iezzi e Pauselli. “I Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa – scrivono i due analisti – si caratterizzano per costi operativi più elevati a fronte di minori spese correnti nel trasporto pubblico locale, nell’istruzione e nei servizi sociali; mostrano inoltre una maggiore rigidità della spesa e un’allocazione impropria di fondi verso settori quali l’edilizia e la gestione dei rifiuti, strategici per il riciclaggio di denaro e spesso sfruttati dalla criminalità organizzata. Infine, nei Comuni sciolti si osserva una ridotta efficienza nella raccolta delle entrate, attribuite ad esempio a una minore capacità amministrativa”.

I risultati dello studio dell’UIF e dell’applicazione dell’algoritmo, concludono gli autori, “mostrano che le amministrazioni comunali identificate dal modello come a più alto rischio di infiltrazione sono caratterizzate da livelli di trasparenza negli appalti significativamente inferiori rispetto alle altre amministrazioni”. Insomma, sembra di leggere alcuni passaggi della relazione della Commissione d’inchiesta.
Ora, qualcuno potrebbe obiettare: troppo facile per Caserta, il Comune era già in dissesto finanziario con il sindaco Pio Del Gaudio (dichiarazione del 13 ottobre 2011) e poi con il sindaco Carlo Marino (dichiarazione del 23 aprile 2018), praticamente in continuità. Insomma, i mali – soprattutto per i cittadini costretti a subire gli effetti negativi della “mala gestio” dei politici – vengono da lontano. La speranza, allora, è che sulla scorta di un’applicazione sistematica dell’algoritmo messo appunto dalla Banca d’Italia, i controlli sugli enti locali possano essere attivati subito, senza più dover attendere quindici anni.
