“In un quadro generale di comprovata severa crisi climatica, non solo a livello di bacino mediterraneo ma a livello globale, non c’è giorno che non si CARATTERIZZI UN EVENTO METEOROLOGICO COME ESTREMO O ECCEZIONALE. Dunque anche i non esperti iniziano a “commentare” tali evidenze, affermando che se ogni giorno si evidenzia un’eccezionalità, tali eccezionalità non sono piu tali. Allora ci si trova di fronte ad una comunicazione non scientificamente corretta? E se sì, quali sono le cause di tale problematica?
Certamente, almeno a livello di utilizzo dell’utente medio, ci si trova di fronte ad un’enormità di notizie disponibili nel web che spesso non sono scientificamente comprovate o addirittura sono complementari a “chiacchiere da bar”; dall’altra parte però, sempre piu spesso organi scientifici di differente levatura scientifica stigmatizzano gli eventi in maniera talvolta distorta, forse per amplificare la problematica e magari spingere le istituzioni ad intervenire nei modi e nei tempi piu adeguati. Ma alla base di tutto, frequentemente, c’è il cattivo utilizzo del metodo scientifico anche una non perfetta conoscenza dell’approcci statistico climatologico da utilizzare in tali situazioni. Facciamo alcuni esempi”. Lo ha affermato Massimiliano Fazzini, Responsabile Team Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale.
“Le cumulate precipitative che hanno concausato l’ennesima alluvione occorsa nei territori romagnoli, possono essere definite eccezionali o meno, a seconda del tipo di dato che si va ad analizzare. Se i valori rilevati vengono riferiti ai massimi annuali per un periodo definito serie storica (almeno 30 anni secondo direttive del WMO) allora l’evento meteorico appena occorso non è certamente eccezionale – ha continuato Massimiliano Fazzini – anzi presenta tempi di ritorno di circa 10 anni. Se ci riferiamo al solo mese di maggio, allora, tali tempi di ritorno salgono a circa 90 anni, dunque l’evento, per quello specifico areale, è statisticamente definibile come eccezionale.
Le copiose nevicate registrate complessivamente nel mese di aprile sia su alcuni settori alpini sia sull’Appennino centrale non possono assolutamente essere definite eccezionali; come se l’Italia fosse ubicata a latitudini tropicale. Oltre i 1800 metri sul sistema alpino ed oltre i 2000 metri sull’Appennino centrale, la distribuzione stagionale della neve fresca mostra un regime a due massimi, di cui sovente, quello assoluto si pone proprio nel mese di aprile. Né le cumulate di neve frescamensili rilevate sono cosi abbondanti da poter essere annoverate tra i valori estremi. La siccità che ha interessato gran parte del territorio fisico nazionale, con particolare riferimento alle regioni “padane” e “alpine” è invece definibile eccezionale, sia dal punto di vista dell’estensione spazio altitudinale, sia per l’estensione temporale di tale fenomenologie.
Cosa possiamo infine evidenziare da tale breve disamina? Che sicuramente il singolo evento non può essere scientificamente collegato alla crisi climatica in atto; evidentemente se esso tende a ripresentarsi sempre piu frequentemente, allora esso sarà parte evidente e scientificamente comprovata di un nuovo “clima”. Allo stesso tempo, pero, il continuo andirivieni di fasi siccitose più o meno estese nel tempo e la riduzione del numero dei giorni con precipitazione, alternati a brevi fasi estremamente perturbate sono segno evidente di un’estremizzazione climatica evidentemente dipendente del climate change in atto, con le ovvie ripercussioni, talvolta drammatiche sull’ambiente fisico s.l.”, termina la nota stampa.
FOTO: Freepik