La vicenda del terzo mandato per Vincenzo De Luca non è una semplice querelle di regolamenti regionali o codici etici: è la cartina al tornasole di un equilibrio nazionale instabile, dove il Partito Democratico rischia di smarrire fino a un milione di voti se non riuscirà a gestire con fermezza e coerenza questa partita.
L’ex “sceriffo” di Salerno ha tentato, in tutti i modi, di forzare il sistema. Il suo attivismo per ottenere una deroga alla regola dei due mandati è diventato il simbolo di un braccio di ferro che oppone il territorio alla linea nazionale, l’autonomia d’azione al rispetto della legge. E Roma, per ora, ha detto no. Con nettezza, ma non senza rischi.
De Luca ama presentarsi come stratega di lungo corso, ma il suo successo del 2015 fu — come molti ricordano — più una reazione alla debolezza del centrodestra, e in particolare ai limiti di Stefano Caldoro, che si era alienato alleati, elettori e una parte consistente di macchina politica. Da lì, il passaggio all’opposizione per Caldoro, Fulvio Martusciello e compagnia fu quasi fisiologico.
Nel decennio successivo, la gestione deluchiana non ha brillato per capacità amministrativa, ma per abilità nel costruire un racconto mediatico — spesso aggressivo — che ha imitato il modello Grillo sui social, a tratti anche superandolo per virulenza e toni.
Attorno al governatore, il cerchio si è ristretto: una squadra sotto inchiesta, un clima sempre più polarizzato, e una base elettorale solida ma non blindata. Il PD nazionale, guidato da Elly Schlein, si ritrova oggi nel punto più critico: se cede alle pressioni di De Luca, legittima la violazione di una regola chiara e condivisa, e tradisce la propria identità di partito riformista e istituzionale.
Ma se tiene il punto, De Luca potrebbe scegliere la rottura, lasciando il campo e portando con sé – almeno a livello regionale – una fetta di un piccolo consenso, scatenando un fuggi fuggi.
Non è solo una questione di poltrone. È una questione di tenuta morale e politica. Se il Partito Democratico nazionale accettasse l’eccezione al vincolo dei due mandati, non perderebbe solo coerenza: perderebbe anche credibilità e leadership sul piano nazionale. Un compromesso oggi potrebbe apparire utile per il presente, ma disastroso per il futuro.
Il PD ha davanti a sé un bivio nitido. O tiene la barra dritta sul rispetto della legge e sull’equilibrio delle istituzioni, rischiando una rottura profonda in Campania; oppure accetta la linea De Luca, pagando un prezzo altissimo in termini di immagine, consenso e tenuta democratica.
Un milione di voti è in bilico. Ma ancora più in bilico è la reputazione di un partito che, se non sa dire “no”, rischia di non saper più dire “noi”. (aa)
In foto: Vincenzo De Luca e Elly Schlein